Il professor Giuseppe Curigliano spiega cosa cambia nell’emergenza coronavirus in campo oncologico

Chi deve fare esami a titolo di prevenzione o dopo avere superato un cancro, è meglio che non li faccia ora. Lo spiega all’AGI il professor Giuseppe Curigliano, direttore della divisione ‘Sviluppo di nuovi farmaci e terapie’ allo Istituto europeo oncologico di Milano: “Una persona che  non ha un tumore attivo o perché fa dei semplici controlli o perché segue una terapia adiuvante precauzionale, come può essere quella ormonale, non  viene considerato un’urgenza. Per cui, in un momento in cui il rischio epidemico è molto alto, è un paziente che deve entrare in ospedale il meno possibile perché se lo vedi ora o tra 3 o 4 mesi non cambia nulla”.

Per l’Istituto europeo oncologico fondato da Umberto Veronesi, è un momento molto delicato dal momento che la Regione Lombardia ha stabilito debba farsi carico anche dei malati che devono essere operati di alcuni ospedali ora diventati Covid-19. Come proteggere pazienti per definizione fragili dal coronavirus? «Come prima cosa, occorre educarli, contattandoli a casa per consigliargli di seguire le direttive nazionali del ministero della salute.

Ogni giorno, ricevo tante telefonate, molti che fanno terapia ormonale e mi chiedono se, per questo, hanno più rischi di essere attaccati dall’infezione. Ai pazienti metastatici, i più deboli di tutti a livello di difese, vengono forniti farmaci per «due, tre mesi, così evitano di venire a prendere le forniture in ospedale e poi li seguiamo con la telemedicina che ha anche l’effetto di farli sentire meglio a livello psicologico»…Leggi l’articolo su AGI>>

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